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Autore scritta al Pigneto: “Provocazione: la società è un campo di concentramento”

Parla l'autore della scritta "Work will make you free" apparsa ieri al Pigneto. "Sono un artista che ha voluto aprire un dibattito, non posso e non voglio essere confuso con teppisti"

Parla e spiega il suo gesto l'autore della scritta “Work will make you free” tanto discussa e apparsa ieri al Pigneto. Lui ha 32 anni, è lucano, precario e insegna grafica e fa corsi di formazione ai disoccupati.
Spiega il suo gesto dalle pagine de Il Fatto da cui dichiara: “ Non è un'apologia dell'Olocausto, si tratta solo di una provocazione per dire che la nostra società è un enorme campo di concentramento.”  Il senso della sua provocazione è: “Attenti a questa deriva, rischiamo tutti di perdere le normali condizioni di vita''. "Sapevo che si trattava di una provocazione", ammette. E si difende: "Sono un artista che ha voluto aprire un dibattito, non posso e non voglio essere confuso con teppisti o fanatici."
Per arrivare a mille euro al mese, racconta: "Ci devo sudare", 350 vanno per una stanza in affitto: nessun aiuto dai genitori pensionati. Nessun orientamento politico denunciato, men che meno simpatie naziste. L'idea gli era venuta un anno fa e poi ha decantato prima della realizzazione. Insegna tonda non come l'originale, "come quelle del Luna Park" fa notare, in inglese e non in tedesco: "Per alleggerire" sottolinea e affinché "tutti la potessero capire, anche i turisti". Il fatto che sia apparsa il 25 aprile, assicura che è stato solo un caso: avrebbe voluto farlo la scorsa settimana, ma per problemi tecnici è apparsa il giorno della Liberazione. Chiede scusa alle famiglie delle vittime dell'olocausto se non volendo le ha offese. Assicura il massimo rispetto.

Parla di un dovere dell'arte: sollevare problemi e suscitare dibattiti. "Io volevo - spiega - che guardando questo cancello, installato in una periferia, abitata da giovani precari ed extracomunitari oggi diventati clandestini, tutti riflettessero sul fatto che un pezzo di lager è nelle nostre città, mentre noi ce ne passeggiamo spensierati". "Tutt'altro che nazista - sottolinea - volevo far riflettere". E incalza "a volte le condizioni di lavoro sono così difficili da essere quasi schiavitù". Definisce un "paradosso" il coro di politici dopo la sua rappresentazione e si chiede: "Il sindaco che ha deportato i romeni, e ha diviso il padre dai figli, è lo stesso che rilascia dichiarazioni indignate contro il neonazismo e mette al primo posto le politiche della famiglia. Chi sbaglia io o lui?". (Ansa)
 

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